25 ottobre 2017

INTERVISTA DOPPIA per Musica Jazz

Alceste Ayroldi 
intervista John De Leo e Fabrizio Puglisi 


I testi sono pochi e rarefatti: lasciano la scena alla voce come strumento. John, qual è la ricerca che stai effettuando e, nel caso, ti sei prefisso un obiettivo?

“In un progetto come questo, gli obiettivi individuali si confondono, si fondono. La mia ricerca inevitabilmente diviene una ricerca doppia, comune: la nostra. Altro dai miei intenti personali. 
Personalmente, e da sempre, non mi interessa il mero studio della voce; il pensiero piuttosto è sul contesto musicale, come e dove inscrivere lo strumento voce tra gli strumenti. Nei miei progetti molte volte è l’ultimo dei tasselli. Il mio strumento può eseguire il tema principale, come asservire al contrappunto o a supporto ritmico: la voce per me è uno degli strumenti a servizio della composizione. In sintesi, mi interessa una musica nella sua interezza. 
A ogni modo, la personale ricerca sulla voce insegue la rappresentazione, la rappresentabilità. In maniera più o meno naturale mi trovo -nel destino dell’uso del mio strumento voce- a cercare forme ulteriori, ad adoperarmi per amplificare sensi e significati attraverso i suoni. Sensi delle parole, nel caso in cui canti parole ma, alle parola cantata, ancora prediligo la musica: è mia convinzione che i suoni e le sue combinazioni possano raccontare molte più parole di quante se ne possano esprimere”.